Cappuccini di Dipignano

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Un «restauro intelligente», il protoconvento dei

Cappuccini di Dipignano (XVI sec.)

 di  ANTONIO SCARCELLO

 A poche centinaia di metri dall’abitato di Dipignano (CS), adagiato su un dolce e arieggiato declivio, sorge l’ex convento dei Frati Minori Cappuccini, un edificio cinquecentesco dalla sagoma possente, riportato agli antichi splendori nei primi anni Novanta del secolo scorso, grazie ad un “restauro intelligente” (l’espressione è di S. Brich e A. Gallo, autori di un pamphlet sul tema) tenacemente voluto dall’allora Sindaco, senatore Garofalo. L’imponente struttura, incastonata nel verde immacolato della natura dipignanese, evoca la sentinella biblica che scruta nella notte in attesa dell’aurora, ed è divenuta oggi una sorta di cenacolo culturale, sede permanente della Fondazione “Ernesto Sabato” nonché punto di riferimento obbligato per gli appuntamenti culturali (mostre d’arte, presentazioni di libri, dibattiti, concerti e quant’altro) di tutto il circondario dipignanese e della vicina Cosenza. Ma quali vicissitudini hanno scandito la storia plurisecolare di questo convento? E quale ruolo ha svolto per la devozione popolare di una terra famosa per i quadarari e le “lingue nascoste” (l’Ammâšcânte degli erbari), che prima dei Cappuccini ha ospitato cenobiti italo-greci e predicatori itineranti, monaci bigi ed eremiti solitari? Come è noto, l’Ordine dei Frati Minori Cappuccini nacque giuridicamente a seguito della Bolla papale Religionis zelus che il pontefice Clemente VII emanò da Viterbo l’anno del Signore 1528, il 3 di luglio. Nella nostra regione, i Cappuccini cominciarono ad espandersi e fabbricare conventi a partire dal 1532. La fondazione del protoconvento cappuccino dipignanese – il primo della provincia di Cosenza –  è probabile che rimonti agli anni Trenta del XVI secolo, come attestato da storici del calibro di Giovanni Fiore da Cropani (Della Calabria Illustrata), Francesco Russo (I Frati Cappuccini della Provincia di Cosenza) ed altri ancora. Secondo fonti incerte, il convento sarebbe stato fondato dallo stesso iniziatore della riforma cappuccina in Calabria, Ludovico da Reggio, il quale, di ritorno dalla Santa Sede (1533), dove si era recato per perorare la causa dei primi Cappuccini, avrebbe espresso la volontà di ripagare con un gesto di generosità Francesco da Dipignano, suo fedele compagno di viaggio e fervente sostenitore presso la Curia Pontificia della piena autonomia dagli Osservanti. Anche se l’attendibilità delle fonti è tutta da verificare, la notizia non sembra campata in aria: quale occasione più propizia per rendere omaggio ad un religioso tanto zelante e meritevole, oltre che celebre predicatore? Francesco, infatti, era uomo di grande statura morale e di vastissima cultura, dotato di un eloquio spigliato ed efficace. Si era addottorato a Parigi e, insieme a Ludovico Cumi da Reggio e Bernardo Molizzi, aveva dato vita ad un sodalizio che sin dal 1518 prese a cuore il movimento riformistico calabrese, sia pure attraverso mille tribolazioni. L’ipotesi che il convento di Dipignano sia stato fondato intorno al 1533 è confermata anche dai compilatori del Lexicon Capuccinum e da Mansueto da Paterno, il quale, rispondendo all’inchiesta innocenziana del 12 febbraio 1650, scrisse testualmente: «Il Convento dei Frati Minori Cappuccini di Dipignano, della Provincia di S.n Daniele seu di Cosenza, situato fuori della Terra di Dipignano, diocesi di Cosenza, in luogo aperto, a canto di strada Publica, un miglio piccolo lontano dalla Terra di Dipignano, ch’è terra aperta, fu fondato dalli primi nostri Padri Cappuccini l’anno 1532 o vero ’33 in circa, col conzenzo dell’ordinario diocesano, con istantia di quei Popoli, e con le loro limosine fabbricato et eretto secondo la povera forma Cappuccina […]. Ha la Chiesa sotto il titolo et invocatione di S.ta Maria degli Angeli, quale è di grandissima divotione non solo alla suddetta Terra di Dipignano, ma di tutti questi contorni. Il detto Convento, oltre l’horto contiguo, ch’è della Sede Apostolica, com’è pure il medesimo Convento, non possiede entrate perpetue nè temporali, nè altra proprietà di beni stabili. Detto convento è luogo di Noviziato, nel quale habitano frati professi numero otto: 4 sacerdoti e 4 laici, Novitii numero otto». Essendo il primo convento cappuccino del territorio cosentino, appare evidente che la struttura fu adibita sin dal principio a luogo di noviziato per coloro che si staccavano dall’Osservanza o che provenivano direttamente dal secolo. Dal convento dipignanese passarono personalità di primo piano nel panorama religioso e spirituale della provincia. Valga per tutti l’esempio del Beato Angelo di Acri, il quale vi entrò la prima volta nel 1689. Dopo duecentosettantotto anni di vita, il 10 gennaio 1811, al pari di altri conventi della Provincia, anche Dipignano andò soggetto alla legge eversiva della soppressione napoleonica. Non fu mai più riaperto, se non per qualche anno dopo il 1815, con la permanenza di fratelli non chierici. In seguito fu ceduto alla famiglia Marini Serra, che ne fece uso privato per circa 180 anni. Poi il degrado. Bisognerà attendere fino al 1991 per vederne la rinascita, quando venne acquistato dal Comune e restaurato. Fino a qualche decennio addietro, prima che la chiesa annessa al convento subisse spoliazioni e saccheggi della suppellettile, il luogo fu meta di intensi pellegrinaggi, centro nodale di pratiche pie e devozionali di grande richiamo e suggestione. Tra il popolo dipignanese si era diffusa la credenza che gli occhi della Madonna raffigurata in effigie si muovessero; i fedeli vi accorrevano per assistere a questo fenomeno prodigioso, quindi impetrare una grazia, invocare l’intervento miracoloso della Vergine, sciogliere un voto. Gli anziani, inoltre, raccontano di un’altra forma di pietà: quando la natura inclemente minacciava il raccolto della terra, i fedeli dipignanesi recavano in processione la venerata statua del SS. Ecce Homo, facendo attenzione a non passare troppo vicino alla chiesa dei Cappuccini e, soprattutto, girando la statua di spalle rispetto al convento. In caso contrario la statua sarebbe diventata talmente pesante da non poterne più sopportare il peso: Cristo, vedendola, non avrebbe mai accettato di staccarsi dalla Madre. Oggi, gli aspetti votivi e devozionali legati al convento sono venuti meno a vantaggio di un suo utilizzo a scopi esclusivamente culturali.