Dire
di Eugenio Guercio non è semplice, ne è facile per
chi ha l'animo stretto nella morsa del cordoglio di
non averlo più tra i suoi più cari amici. La notizia
della sua tragica morte mi ha colto all'improvviso.
Di ritorno da Roma dove mi ero recato alcuni giorni
prima a sostenere le prove di un concorso di
cultura. ho appreso come una cosa impossibile e
incredibile la triste novella: Eugenio Guercio è
morto.
E il
racconto della sua morte è stato davvero un racconto
straziante. Un banale incidente sul posto di lavoro,
un mezzo meccanico creato a rendere più lieve il
lavoro della terra, è diventato in quei tragici
momenti, un mostro rapace.
È
bastato che il trattore col quale lavorava in quel
fatale 12 aprile 1961 si capovolgesse perché il
compagno Guercio lasciasse nei cingoli l'avambraccio
sinistro e rimanesse poi schiacciato sotto il
mortale pondo. Ahimè, nessuno di noi che ti
conoscevamo e ti volevamo bene, avremmo potuto mai
credere che quel mezzo meccanico del quale usavi
onde trarre il pane quotidiano della vita, potesse
mai per tragica fatalità invece rapirti alla vita!
Se gli occhi non mi si velassero di lacrime, se il
cuore dell'amico che tu avesti tra i più cari non
fosse straziato, potrei dir meglio di tè: dell'uomo,
del padre, dell'amico, del combattente proletario, e
perché no, del conversatore arguto e intelligente,
del geniale poeta popolare. Dico del poeta, di quel
poeta che taciturno sulla sua produzione poetica
lasciava che altri ne raccogliessero i meriti e gli
onori.
Era
una delle tante tue doti la modestia, la
riservatezza.doti distintive di chi vuoi vivere in
silenzio, senza chiasso, che non ambisce plausi ne
lodi. E adesso il silenzio dei morti ti circonda. Ma
su il silenzio dei più si leva vittorioso il ricordo
dei vivi,dei compagni e degli amici che ti
sentiranno vivo e presente per sempre. Vivo per quel
che tu comunicasti di valido come uomo, come padre
esemplare, come cittadino onesto, come combattente
per il trionfo di una grande causa, quella degli
oppressi che anelano alla libertà e alla giustizia.
Ma io debbo dire di tè. E ti chiedo coraggio per
dire. Perche non mi è più possibile parlare or che
tu non mi sei pili vicino Quindici anni di
sodalizio, quindici anni di affettuosa amicizia, e
notti e giorni, quando più fervevano le nostre
comuni lotte, trascorse in quel "salone" che era la
nostra cellula, il nostro ritrovo, il nostro modesto
salottino. dove noi ti ascoltavamo e tu ci
ascoltavi, e dove le tue parole erano sempre quelle
meditate e sicure del saggio che ne sa di più. non
per lunga veglia sui libri, ma per lunga esperienza
di vita e lungo esercizio di buon senso. Chi potrà
mai dimenticare il tuo humor. la tua verve, i tuoi
sali attici! Per me la tua conversazione era la più
sapida e la più intelligente che mi fosse dato
ascoltare, senza far torto comunque a quella degli
altri.che con me. concordano e concordavano, nel
ritenerti davvero un uomo fuor del comune, pur nella
veste semplice e dimessa dell'operaio, del
contadino, del barbiere! E la tua era saggezza
politica che avvertiva il punto giusto, era saggezza
d'amico che consigliava il meglio, era saggezza di
padre che con l'esempio spronava e sollecitava a
ritenere validi i legami familiari, era saggezza di
lavoratore, che con l'azione e l'attività insegnava
l'etica del lavoro umano, era saggezza di militante
ed entusiasmo giovanile che tanto utili erano al
nostro impegno di combattenti proletari. ed era
soprattutto creazione d'arte, che nel mirabile
vernacolo paesano dispensava mirabili accenti di
umana poesia, che in tono satirico, portava pur essa
un valido contributo alla causa proletaria.
Quante, quante cose vorrei ricordare del compagno
Guercio. ma non ce la faccio. La sua tragica morte è
stata per tutti noi che lo conoscevamo un colpo
troppo forte, e non è possibile quando il ricordo
della sua scomparsa è ancora troppo fresco e
lancinante, dire tutto quel bene che si dovrebbe
dire di questi uomini semplici, oscuri, ma tanto
tanto più validi e veri, tanto più umani e
autentici, che si chiamano Eugenio Guercio e sono i
militanti migliori di una grande Idea.
F.
d'Alessandro