I Miracoli di San Francesco a Paterno Calabro

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La vita di San Francesco è intessuta di miracoli e, a giusta ragione. la tradizione popolare lo vuole Santo fin dalla nascita. Infatti si dice che la notte in cui nacque San Francesco, si udirono sulla sua casa delicatissimi cori angelici e si videro sul tetto fiammelle di fuoco.
A Paterno, dove San Francesco dimorò per circa nove anni. si verificarono prodigi ancor più che a Paola e sin dal primo momento in cui il Santo giunse nel paese, fu evidente il suo intervento prodigioso: poiché il luogo su cui doveva sorgere il nuovo convento con la chiesa era pieno di prominenze e disuguaglianze di livelli.
Francesco si inginocchiò, si raccolse in fervida preghiera e, volgendosi verso il colle, gli impose nel nome del Signore di spianarsi. Il suolo si disperse fino a formare una superficie completamente piana, del tutto rispondente alle necessita costruttive.
Durante la costruzione accadde spesso che mancasse il materiale e, in tal caso, provvedeva Francesco intervenendo con la sua opera di Taumaturgo. A Paterno si ripete lo stupendo prodigio della fornace ardente, nella quale il Santo entrò per ripararla, uscendone illeso e senza traccia di bruciature; si ripeteranno altresì i prodigi della fermata immediata di un grosso macigno che rotolava da un monte che stava per investire gli operai
 

 

Un lato del Chiostro con lunette riproducenti alcuni dei miracoli del Santo paolano

 

che vi lavoravano: della rimozione di un grosso blocco di pietra che ostruiva la strada che conduceva al convento; della piallatura e della squadratura prodigiosa di tavole da adibire alla costruzione: del rifornimento immediato di calce prelevata da una fornace non ancora accesa: della provvista della refezione agli operai con la moltiplicazione del pane e del vino. Chiunque entra nella chiesa del Santuario di S. Francesco a Paterno, non può non ammirare l'enorme architrave in pietra
che. pur essendo spezzato in tre parti e minacciando di cadere,mai e caduto, ne ancor oggi cade.
Una tradizione riferita da diversi agiografi del Santo, fra i quali P. Isidoro Toscano e P. Giuseppe Perrimezzi. vuole chenel momento in cui bisognava collocare l'architrave sul portale,accadde un evento prodigioso: poiché molti si erano rifiutati di aiutare il maestro a sollevare l'architrave. S. Francesco lo prese con una mano e tentò di metterlo a posto, ma il demonio, cheaveva assunto sembianze umane ed aveva offerto la sua collaborazione. nell'atto di collocarlo lo lasciò cadere, facendolo rompere in tre pezzi. Il Taumaturgo tuttavia "andao sulo et una mano mise dicto architrabo supra la porta" secondo la deposizione del paternese Fabiano De Senatore, settantesimo teste del processo cosentino.
Qui, a Paterno, furono guarite moltitudini di ammalati e vennero risuscitati dei morti: un giovane trovato morto assiderato in montagna, fu portato a valle e, presentato a S. Francesco, fu da lui riportato in vita: due operai. travolti da una frana di sabbia, furono tratti in salvo incolumi.
Inoltre, durante la costruzione della chiesa e del Convento era necessario aprire una strada di accesso al Convento che avrebbe attraversato un podere appartenente ai fratelli Grandinetti. Ottenuto il permesso di passaggio, sul tracciato della strada si trovava un gelso moro di cui entrambi i fratelli reclamavano la proprietà. La situazione divenne così grave da compromettere la prosecuzione dei lavori; San Francesco, allora, battè con il suo bastone sull'albero e questo si divise in due parti che si scostarono tra di loro per la prevista larghezza della strada.
E cosi anche, in occasione di una contesa tra piccoli agricoltori per l'utilizzo dello scolo dell'acqua del Convento, poiché i litiganti non riuscivano a trovare un accordo, dalla mattina alla sera.l'acqua sparì completamente incanalandosi in una linea apertasi nel terreno.
L' altro prodigio si verificò quando. occorrendo una trave di grosse dimensioni per le necessita costruttive della chiesa. Francesco, ottenuto il permesso dalla moglie del proprietario di un bosco di recidere un castagno per ricavarne la trave, seppe che il proprietario stesso, dopo aver aspramente redarguito la moglie. voleva revocare il consenso. Allora il Santo si recò da lui e, non potendolo portare alla ragionevolezza. prese dalla tasca sette castagne e le piantò nel terreno. vicino all'aliterò reciso: immediatamente, tra lo stupore degli astanti, si videro sorgere sette magnifici alberi di castagno.
Un altro tatto, quanto raro e ammirevole, e l'episodio di due giovani sposi della famiglia cosentina dei Rocchi, che avevano avuto la sventura di procreare una creatura mostruosa, venuta alla luce con un viso deforme, senza occhi e senza bocca. Conoscendo la fama di S. Francesco. i due poveri genitori presero la via di Paterno per presentare al Taumaturgo il piccino. Il Santo, non appena lo vide si commosse e, dopo aver pregato

Particolare: San Francesco ridà un volto bellissimoad un neonato deforme


lungamente, intinse nella saliva l'indice della sua destra disegnando al proprio luogo gli ardii delle ciglia e allo stesso modo la forma della bocca. Improvvisamente apparvero le pupille che brillarono vivamente e la bocca si schiuse in un soave sorriso. Al piccolo fu imposto il nome di Francesco. La notizia di questi prodigi si diffuse in tutti i paesi vicini suscitando la reazione da parte di medici e di alcuni religiosi che accusarono S. Francesco di essere un simulatore e uno stregone. Uno dei più grandi accusatori fu P.Antonio Scozzona dei Minori Conventuali di Cosenza. che inveì contro di lui dal pulpito, trattandolo come un furfante e un ciarlatano. Addirittura si spinse fino ad affrontare da solo a solo il Santo incolpandolo di arrogarsi diritti che non aveva.
Ma Francesco, con la sua solita calma, raccolse con le mani dal braciere alcuni carboni accesi e, offrendoli a P. Scozzetta, lo invitò a riscaldarsi ed a non preoccuparsi di nulla poiché "non si può impedire ciò che vuole il Signore". P. Scozzetta si ravvide immediatamente e, ottenuto il perdono dal Santo, ne divenne il più convinto propagandista.
Famosi sono anche i prodigi che S. Francesco operò servendosi dell'acqua che lui stesso aveva fatto sgorgare nel luogo dove. poi. sorse la fontana.
Secondo i testimoni paternesi Salvatore Fabiano e Andrea Galestro. il Santo guarì un giovane proveniente da Torano. affetto da lebbra, che ubbidendo all'ordine di Francesco: "va, lavati ad a quella acqua che è innanti lo loco. che avrai la gratia del Signore", fu sanato "de dicta lebbra".
Anche il paternese Angelo Curtu. teste del, processo cosentino. testimonia che lui stesso, affetto da un dolore di stomaco che lo aveva "reducto alla morte", avendo chiesto l'aiuto di S. Francesco, ne ebbe come risposta: "va et beve de quella acqua che era innanzi lo monasterio": "et bevuto ipso testimonio da quella acqua, subito fo sanato de dicto dolore de stomacho et non li retornao mai più".
In una delle lunette del chiostro è raffigurato un altro dei più sorprendenti prodigi di S. Francesco: l'episodio dei buoi di Milazzo.
Il Santo si trovava a Milazzo, intento alla costruzione del nuovo convento. Intanto urgeva inviare un avviso ai frati di Paterno e, siccome a quei tempi le comunicazioni non erano certo agevoli, il Santo utilizzò due .strani messaggeri, due buoi discoli, che non facilmente si lasciavano impalare per i lavori al convento di Milazzo. Scrisse un breve messaggio, lo pose fra le corna di uno dei due buoi e li inviò al convento di Paterno. Non si sa come. un bel giorno i due buoi arrivarono alla porta del convento, recando sulla nuca il biglietto per il Padre Superiore.
Nella parete tra il portone d'ingresso della chiesa e quello del chiostro, si ammira un affresco raffigurante la peste che infierì a Paterno nel 1547. Gli appestati sono soccorsi dal Superiore del Convento, che li unge con l'olio della lampada di S. Francesco. In questa triste circostanza i paternesi ricorsero al loro Santo protettore. consapevoli dei prodigi da lui operati quando, andando in Francia, si era fermato a Frèjus per allontanare la peste che falcidiava la popolazione.
Essi insieme al Superiore e ai frati del Convento, fecero ricorso con la preghiera a S. Francesco perché intercedesse presso il Signore a favore dei figli di Paterno, dove aveva vissuto molti anni,amato e venerato da tutti.

Affresco della peste del 1547 a Paterno: il Superiore del Convento spalma l'olio della lampada di San Francesco sulla fronte degli appestati ed essi vengono guariti