del suo
lavoro. Mimmo ha sempre sollecitato una elaborazione o una ricerca
collettiva,
in ciò anticipando,
in tante occasioni,
quell'elemento
di laicità nell'agire politico in una fase in cui le appartenenze
ideologiche
erano solide e tante volte condizionavano la stessa autonomia della
Cgil
dai Partiti della sinistra. Mimmo è stato un eccezionale protagonista
della costruzione in Calabria di un moderno meridionalismo capace di
guardare agli elementi di modernità che
pure tra
mille contraddizioni fanno capolino
nella nostra regione. La sua
direzione
della Cgil è stata
sempre attenta alla moderna questione urbana e ad una politica industriale
capace di rompere la spirale della dipendenza assistita che segnava
l'economia regionale e che caratterizzava anche una certa pratica
rivendicativa del sindacato confederale
calabrese. Perciò, ha sempre mantenuto vivo e stimolato il rapporto tra
la
Cgil , gli intellettuali,.
il mondo dell'università favorendo una forte capacità di autonomia
politica e programmatica del sindacato.Con
questa stessa ispirazione ha ha favorito una forte immissione di giovani nel
sindacato. Molti degli
stessi attuali dirigenti della Cgil sono entrati nel sindacato su
spinta e sollecitazione di Mimmo. Parlo
di Mimmo come dirigente sindacale perché anche la
sua direzione politica, nel
Pci prima e nel Pds
poi, e il suo impegno come Senatore della repubblica sono stati
profondamente segnati dalla sua appartenenza alla Cgil anche se il
suo impegno politico era iniziato nella Fgci e nel Partito
comunista.
Mimmo è stato costruttore di un pensiero riformista dentro la
sinistra politica calabrese. Un riformismo caratterizzato da un
saldo e coerente ancoraggio aibisogni dei soggetti sociali più
deboli e non incline a una visione solo politicista dell'impegno
politico ed istituzionale. Perciò, il suo rapporto con il Pci non
è stato semplice, ma caratterizzalo da una critica all'incapacità
tante volte manifestata da quel Partito di valorizzare e guardare
all'autonomia dei soggetti sociali della rappresentanza come un
elemento di forza e di crescita della società.
Non e un caso che proprio dopo la svolta della Bolognina ( di cui
si può dire anticipatore nel senso di avere colto prima di molti
altri la necessità di andare oltre la tradizione comunista) il
Partilo ha cominciato ad avere piena consapevolezza del valore
delle proposte politiche che Mimmo ha saputo fare vivere nella sua
operosa militanza politica e sindacale,Penso non sia un caso che
proprio nell'ultimo congressodi DS a Cosenza si sia deciso di
chiedere al gruppo del Senato una pubblicazione del lavoro
prodotto da Mimmo nel suo impegno parlamentare. Io ho letto in
questa proposta il riconoscimento non formale ma politico del
pensiero riformista di Mimmo proprio in una stagione come quella
attuale in cui i DS calabresi cercano di definire in modo più
puntuale la loro scelta riformista. Vorrei dire che il riformismo
di Mimmo è stato sempre fortemente ancorato alla migliore
tradizione socialdemocratica europea, al modello sociale europeo
che la socialdemocrazia è riuscita a costruire.Questa
sottolineatura è essenziale per capire l'ispirazione riformatrice
del pensiero di Mimmo che non ha mai subito il fascino delle terze
vie, ma ha sempre avuto fermo che dentro quella tradizione era
possibile produrre una innovazione capace di saldare lo sviluppo e
la crescita economica, prodotte dal post-fordismo e dai processi
di globalizzazione accelerati dopo la caduta del Muro di Berlino,
ad un moderno Stato Sociale in grado di assicurare quella coesione
sociale e solidarietà senza le quali si affermano nuove
esclusioni, nuove povertà, una regressione civile e democratica
della società.
Per Mimmo, perciò, la politica ha avuto sempre un forte ancoraggio
sociale ed etico. Questo è il patrimonio più vivo che ha lasciato
in molti di noi che con lui hanno condiviso tante battaglie
politiche. Un patrimonio a cui molti di noi ancora attingono nella
consapevolezza che l'impegno politico e sindacale devono poggiare
sulla consapevolezza che nelle piccole e grandi cose che facciamo
tutti i giorni non dobbiamo mai smarrire la bussola dei bisogni,
delle aspettative, delle speranze delle persone che rappresentiamo
e che danno senso al nostro agire. Mi piace ricordare, in
chiusura, la natura mite di Mimmo, la sua sensibilità ai problemi
dei compagni che hanno lavorato con lui. la sua capacità di
ascolto delle ragioni degli altri, il suo assumersi
responsabilità, la pacatezza dei suoi ragionamenti, la serenità
con cui affrontava le questioni.
Un
dirigente che amava i giovani di Vera
Lamonica
E' ancora
difficile, per me. parlare di Mimmo Garofalo con il distacco che e
necessario a chi vuole analizzarne criticamente il pensiero e
l'esperienza di grande dirigente sindacale quale egli fu.
Ritornano infatti, insieme ad un immutato e profondo affetto,
emozioni e memorie mai cancellate:quelle di una lunga pratica di
consuetudine quotidiana, di discussioni accese.di letture
condivise, vissute da me, giovane e unica donna in un mondo di
maschi, non tutto disponibile e accogliente come invece egli fu,
come uno straordinario periodo che segnerà sempre il mio modo di
intendere la militanza, la politica, la pratica sindacale. Ma non
è un dato solo autobiografico.Mimmo amava stare con i più giovani,
chiamava freschezza l'ingenuità, e nella Cgil di allora di giovani
ne portò tanti, gli diede una sorta di identità collettiva, ne
stimolò la crescita e l'impegno, li fece misurare con esperienze
di direzione importanti, segnando così con nettezza il profilo
futuro dell'organizzazione. Senza omologazioni, senza necessità di
schieramenti interni precostituiti o di obbligate fedeltà, solo
con l'obbligo, il diritto-dovere di onestà intellettuale, di non
improvvisazione, di verifica alla prova dei fatti delle proprie
convinzioni. Ritengo questo aspetto dello stile di direziono di
Mimmo Garofalo centrale per attualizzarne la lezione alla luce dei
problemi dell'oggi: non temeva il dissenso, non esorcizzava la
diversità, perché era figura autorevole che dirigeva e non
dominava l'organizzazione, perché esercitava egemonia ed era
capace di cogliere tutte le sfaccettature delle varie culture
interne per portare il dibattito a sintesi più alte e complesse.
Qui forse si coglie un punto su cui la Calabria sindacale deve
interrogarsi; è infatti curioso che, nel mentre cresce la
complessità fuori di noi e si velocizzano sempre più gli
accadimenti politici. economici e sociali sui quali è necessario
un pensiero forte ed attrezzato, le organizzazioni tendono invece
non solo a discutere di meno, ma mostrano una incredibile tendenza
alla semplificazione eccessiva. Cresce la figura del "capo" a
discapito della dimensione collettiva e soprattutto si avverte una
tendenza all'omologazione che impoverisce tutti, e che trasforma
il dissenso, quando c'è, in mugugno rancoroso o in battaglia
distruttiva. Come altri, io ho
avuto il privilegio di conoscere un altro modo di dirigere e di
quello conservo il culto per l'unità vera dell'organizzazione. da
costruirsi sempre con impegno e con fatica e con la convinzione
che la democrazia interna non limita ma accresce la forza di un
gruppo dirigente. Certo quelli di Mimmo erano gli anni delle
componenti. Dentro la Cgil le anime maggiori, i socialisti e i
comunisti, condividevano la direzione dell'organizzazione in un
quadro di regole rigide e predeterminate che a noi più giovani
stavano molto strette. Erano tortissimi i sentimenti di
appartenenza e la disciplina di componente a volte ora
inesorabile. C'era in molti di noi, meno avvezzi alle mediazioni,
la tendenza a vedere il male sempre nell'altro e anche qui Mimmo è
stato portatore di un'alta lezione politica e sindacale che era il
frutto dello sue convinzioni politiche più profonde e dei suo
attaccamento all'unità politica della Cgil Mimmo vide sempre che
non tutto del pensiero e della tradizione socialista, sopratutto
di quella storicamente presente nella Cgil era distante dalle
istanze del movimento operaio e che anzi molto di quel pensiero
era il terreno su cui era possibile ricomporre un'idea di sinistra
italiana, capace di proporsi come nucleo di un governo futuro del
Paese. Perciò i suoi rapporti con i compagni socialisti furono
sempre improntati a grande rispetto, e la Calabria fu una delle
regioni in cui l'unità della Cgil tenne anche in momenti di
drammatica tensione e spaccatura nazionale.Questo non fu un dato
irrilevante soprattutto se lo si rapporta all'allora Pci. al
dibattito che c'era tra i suoi dirigenti e soprattutto al profilo
del partito calabrese, incline spesso al massimalismo verbale
quanto poi disponibile ad esperienze amministrative e politiche
non sempre nette nei contenuti e chiare nelle alleanze. Mimmo
impedì che la componente comunista della Cgil venisse risucchiata
in quella prassi. Pretese e dimostrò rigore, serietà,
corrispondenza certa tra il dire e il lare. Si collocò in un'area
interna del Pci minoritaria in Calabria e lo fece non per definire
uno schieramento interno, ma per segnare una differenza di metodo
e di proposta che gli veniva da una lettura della politica
calabrese per tanti versi di straordinaria attualità: una politica
che non teneva, e non tiene. sempre nella giusta considerazione il
rapporto con l'etica, troppo spesso incline al compromesso
deteriore ed agli accordi non fondali sulla chiarezza
programmatica. ma sulla gestione del potere.
A questa analisi non diede risposte semplificatorie, non condusse
facili campagne di stampa, bensì collocò se stesso e la Cgil sul
terreno del rigore programmatico e della chiarezza degli
obiettivi. Non fu un "moderato" di sinistra, fu radicale nei suoi
convincimenti e nelle sue prese di posizione.fu forse colui che
più ha lavorato per dare a questa regione una sinistra moderna,
avanzala. aperta al nuovo dei tempi ma profondamente radicala
nella tradizione del movimento bracciantile e nel pensiero
meridionalista dei comunisti italiani. Ma nel pieno di questo suo
peso politico, e delle battaglie che condusse nel suo partito.
Mimmo seppe non mantenere, ma accrescere il bene più prezioso
della Cgil: la sua autonomia. Non permise intrusioni, ne ruoli del
Partito che avrebbero potuto minarla. Non espose mai
l'organizzazione a pronunciamenti che non fossero nel merito delle
questioni sindacali o comunque legati ai tomi del lavoro e della
condizione sociale delle persone che rappresentiamo.
Questa è del resto la sua lezione più profonda: la grande adesione
alla condizione di vita concreta dei lavoratori, la necessità di
mantenere sempre in piedi un movimento unitario in grado di
conseguire nuove conquiste, l'attenzione quotidiana non solo ai
grandi temi, ma al risultato sul terreno salariale e del rapporto
di lavoro.
Mimmo non era un contrattualista per formazione ed interessi, ma
nessuno più di lui ha rappresentato in Calabria la tensione verso
un sindacato capace di rappresentare tutte le sfaccettature della
condizione di lavoro, opera ancora largamente incompiuta e sempre
più difficile nel nuovo quadro di precarietà dilagante, di lavoro
nero. di insicurezza o assenza di diritti che caratterizza la
Calabria di oggi.
Ricordo sempre con emozione le grandi battaglie contro il
caporalato ed il sottosalario in agricoltura, le braccianti delle
aziende capitalistiche e degli uliveti con la testa china e la
schiena curva che seppero trasformarsi in un movimento formidabile
che diede soprattutto dignità a quelle donne e forza al sindacato
calabrese. Allora sperimentammo accordi che fecero molto
discutere: aumenti salariali parziali al di sotto delle previsioni
contrattuali nazionali, una sorta di sperimentazione di quelli che
successivamente sarebbero stati i contratti di riallineamento.
Servirono a dare fiducia nelle lotte, a mantenere lo agibilità
sindacali nelle aziende e formarono una leva di sindacalisti, in
una regione dove la contrattazione è sempre stata asfittica per il
particolare carattere della struttura produttiva. Mimmo credeva
nella necessità di lare accordi, pensava che il sindacato non può
fare solo lotte dimostrative e pretendeva elle
ci fossero sempre piattaforme concrete alla base delle iniziative.
Pensava anche che la Cgil dovesse estendere sempre di più la sua
capacità di rappresentanza a categorie e ambiti sociali più larghi
delle zone interne di insediamento tradizionale. Allora eravamo
molto deboli nei settori pubblici e nelle città non riuscivamo a
garantire neanche la tutela tradizionale.
Mimmo fu il primo a comprendere il ruolo strategico dei centri
urbani nella crescita economica e civile della regione e
incoraggiò tanti di noi, oltre alle Camere del Lavoro. a misurarsi
con i problemi di quella che allora chiamavamo qualità della vita.
a produrre idee e confronti nel territorio, ma anche una base
teorica entro cui collocare l'esigenza organizzativa di accrescere
la rappresentanza nelle scuole, negli uffici pubblici, negli
ospedali, nelle banche, ovunque fosse presente lavoro non
organizzato.
E tentammo anche di organizzare i disoccupati. non solo quelli
tradizionali del lavoro stagionale e dell'edilizia, ma i giovani e
le ragazze, diplomati e scolarizzati ai quali era
tuttavia molto difficile, come del resto oggi,offrire prospettive
credibili di impiego e obiettivi concretamente perseguibili.
Mimmo non sempre condivideva gli esiti delle numerose aggregazioni
di giovani che realizzammo, le cooperative, le lotte per sbocchi
esclusivamente pubblici, le varie forme di politiche attive che si
inventarono, ma accolse e promosse l'esigenza di dare
rappresentanza ai giovani e cittadinanza nella Cgil ai senza
lavoro. Alcuni di quei giovani sono diventati dirigenti
dell'organizzazione.
Mimmo fu persona autentica, non ipocrita, straordinariamente
equilibrata nella direzione politica come nelle relazioni
umane,incline all'essere e non all'apparire, salda nelle sue
convinzioni e con una grande capacità di ascolto.
La sua memoria è viva nella Cgil e il suo pensiero attuale, ma la
cosa più straordinaria è
che. in giro per la regione, sono tanti i lavoratori che lo
ricordano, che raccontano aneddoti, storie di vertenze e di lotte
in cui è centrale la sua presenza. Per questo Mimmo non appartiene
solo alla sua provincia, ma a tutta la Calabria ed alla storia del
movimento sindacale di questa regione.
Un vero
riformista
di Sandro Taverniti
Non è facile riconiare Mimmo Garofalo senza essere travolti dal
dispiacere per la sua scomparsa e dalla voglia di dirne tutto il
bene possibile.
Mimmo era serio ed equilibrato, mite e paziente nei ragionamenti
quanto fermo nei proponimenti.
Attento sostenitore della autonomia della Cgil e dirìgente
riconosciuto de! Poi, anche dopo forti polemiche e in tempi nei
quali nel partito calabrese non mancavano tentativi di " dare la
linea " alle organizzazioni di massa, anche con atteggiamenti e
toni da "caporali di giornata ". Per una lunga fase Garofalo
raccolse il meglio dei compagni della Cgil calabrese, li difese
dalle critiche ottuse ed interessate. costruì assieme a loro un
gruppo dirigente che seppe discutere e scegliere,superando
primitivismi e resistendo alle sirene dei più disparati nuovismi e
costruendo dopo le epopee dei contomila posti di lavoro degli anni
settanta , la prima vera piattaforma sindacale credibile della
nostra regione.
Il valore di Mimmo Garofano, che ho avuto il privilegio di
apprezzare in un lungo periodo di lavoro in comune, rifulge
ulteriormente se lo si paragona al travaglio lacerante
sopraggiunta quand'egli lasciò la Cgil. Nessuno fu in grado di
tenere la strada maestra che egli aveva tracciato: ingenuità e
personalismi, confrapposizioni territoriali con la rottura del
patto storico tra Reggio Calabria e Cosenza, le tristi vicende del
partito che aveva in Politano un campione davvero significativo,
determinarono l'arrivo di Bonzi. Su quest'ultimo mi astengo da
qualsiasi osservazione perché penso di non avere ancora smaltito
un risentimento che non sta a me giudicare quanto giusto.
Carotalo fu poi senatore e sindaco e caso forse unico non sparò
sul suo vecchio quartier generale. non intervenne mai a dire " ai
tempi miei", non dettò lezioni, non diede consigli. Di quest'ultimi
certamente c'era bisogno, ma questo non getta nessuna ombra sul
suo stile, la sua figura di dirigente, il suo sostanziale rispetto
per noi lutti.
Quando si candidò lo fece da dirigente del partito, non ebbe
bisogno di convulse sgomitate, mantenne le critiche che riteneva
giuste e necessario, non esasperò strumentalmente i toni. ne
aggiunse mai acredine alle sue osservazioni. E soprattutto non
diede ad intendere che egli avrebbe apportato cambiamenti epocali,
rivoluzioni copernicane, repulisti apocalittici. Non si candidò
contro il partito ma più ragionevolmente con partito.
Mimmo Carotalo era un vero riformista. un gradualista con una
ispirata visione delle cose, senza enfasi e senza sciatterie. Un
riformista, ritengo, onesto, capace di dialogare a sinistra anche
nelle complicate e difficili galassie del mancinismo e del
craxsismo, con dignità e autonomia. Valga per tutti il forte
contributo e il ruolo che svolse nelle vicende di quegli anni in
materia di forestazione, quando gli addetti avevano superato le
32.000 unità e tanti dirigenti della sinistra sparavano giudizi di
fuoco contro gli sprechi nei settore e l'assistenzialismo, mentre
di soppiatto contrattavano le mance clientelari di qualche
assunzione nominativa o qualche pacchetto di giornate. Mimmo era
un uomo che omovo la compagnia. il gioco delle carte, il riposo
lontano dalla confusione. Un anno se ne venne a Pazzano con
la famiglia: le lunghe passeggiate mattutine a Ferdinandea
finivano puntualmente a soppressate e vino.
Una volta prima dell'inizio di una riunione con il partito che si
preannunciava assai tesa, mi passò un foglietto con su scritto:
"Vedi se riesci a moderare i termini delle tue critiche! "
Non ricordo se sono stato capace di seguire il consiglio ma
apprezzai sempre lo spirito di quell'invito. la sua voglia di
proteggere con la mia modesta persona un pezzo di progetto della
sua Cgil
Ricordare
Mimmo Carofalo
di Vittorio Todaro
Ricordare Mimmo Garofalo per me significa ripercorrere una lunga
fase della mia vita come dirigente della CGIL Calabria, e mi coinvolge
emotivamente, suscitando sentimenti contrastanti: positivi e
piacevoli per l'aspetto dei rapporti personali con Mimmo, più
complessi e ricognitivi per i percorsi politici, soprattutto per
quanto mi riguarda direttamente.
Dichiaro subito che non conoscevo a fondo Mimmo: ignoro la sua
vita privata e molte cose della sua vita pubblica. Noi ci siamo
trovati, ad un certo punto del nostro percorso culturale e
politico, a lavorare gomito a gomito,con responsabilità alte e,
per una fase, a guidare insieme la Cgil Calabrese.
Le nostre esperienze precedenti erano molto diverse: io provenivo
da una esperienza aclista ed ero iscritto al Psi. su posizioni
lombardiane ed alternativiste; Mimmo proveniva da un duro scontro
politico all'interno del Pci cosentino dal quale uscì su posizioni
miglioriste( ovvero riformiste), scelta che consolidò attraverso
l'esperienza sindacale, che fu da subito ( con inizio alla Camera
del Lavoro di Crotone), intensa, impegnativa, forse dura.Come
dicevo, tentare un profilo completo della figura di Mimmo Carotalo
non mi compete. sarebbe presuntuoso. Voglio, però, sottolineare
alcuni aspetti del suo modo di fare politica e del suo modo di
essere. Sempre serio, appassionato nel confronto, diretto ed
aperto.con un linguaggio asciutto e supportato da elementi di
analisi: non rinunciava mai ad esprimere il suo pensiero, salvo
poi a sostenere con determinazione le sceltecollettive.
Il lavoro gomito a gomito cominciò nell'80, quando fu eletto
segretario generale della CGIL Alfonso Torsello, Garofalo
segretario aggiunto ed io entrai in segreteria regionale,
assumendo insieme a lui la responsabilità di gestire i problemi
organizzativi e i sempre complessi problemi di equilibri interni.
Mi sembrò evidente da subito che Mimmo aveva un suo percorso, un
progetto politico.Tornando dal congresso di Reggio Calabria, mi
disse:"Vittorio, Torsello e l'ultimo segretario socialista, non
metterti grilli per la testa". La cosa mi fece ridere e mi dissi
disponibile ad eleggere, da subito, il successore di Torsello.
Il momento più difficile che siamo stati chiamati a gestire
insieme, e da posizioni contrapposte, è stato lo scontro
sull'abolizione del punto unico di scala mobile, nell'83-84.Un
sisma che attraversava tutto il sindacato, ma che in particolare
divideva la Cgil. Lo scontro politico, del tutto antistorico, tra
Craxi, presidente del consiglio, e Berlinguer, segretario del PCI,
si spostava sul terreno sindacale e poi referendario. Il problema
era rilevante e ci lacerava profondamente. La componente
socialista aveva le convulsioni; Torsello, segretario generale,
appariva sempre più teso e preoccupato; Zavettieri, che era uscito
dalla CCIL. partecipava alla grande manifestazione comunista di
Roma contro il governo Craxi.
In quella occasione le consultazioni con Mimmo furono frequenti:
l'unità della CGIL era un bene troppo importante ed il momento era
rischioso e difficile. Infatti poi il percorso di ricomposizione
dell'unità politica fu lungo e solo l'uscita di Lama, con la
scelta di un successore di più basso profilo come Antonio
Pizzinato (un contrattualista come allora si diceva) consenti un
rimescolamento delle carte. Ma l'unità piena la si ritrovò solo
successivamente con la segreteria di Bruno Trentin.
In quella fase Mimmo era leader indiscusso della componente
comunista e gestì la questione con grande equilibrio. Credo che
proprio allora sia cresciuta la nostra stima reciproca:l'intesa
nel preservare il bene dell'unità che fa grande la CGIL è stato un
momento di crescita della consapevolezza del ruolo di dirigenti.
Un'altra fase importante che ci ha visti direttamente e
personalmente coinvolti, anche sul piano emotivo, è stata quella
apertasi per la successione a Torsello nella carica di segretario
generale. Mimmo era ormai il candidato naturale a questa
responsabilità e di ciò c'era consapevolezza nell'organizzazione.
L'indicazione di un socialista e del mio nome da parte della
segreteria nazionale creava in me disagio personale e in Mimmo
grande delusione. Si aprì uno scontro politico che non arrivò mai.
però, negli organismi di direziono. Anche in questa occasione noi
non cessammo di consultarci, di dialogare e trovammo
un'intesa:"chiunque sarà segretario, la decisione sarà accettala:
dopo, massimo di lealtà".
Quel momento segnò la mia vita. come è naturale che sia stato. ma
si accompagno ad un disagio personale che mi portò a chiedermi,
per lungo tempo se fosse stato opportuno accettare e se ci fosse
stato lo spazio per non accettare. Mimmo, anche allora, si rivelò
un grande dirigente. La mia elezione aprì una fase di
fibrillazione interna, con momenti anche alti di tensione e con
ricadute non sempre facili da gestire. Comunque i primi due anni
della mia segreteria poterono contare sulla lealtà di Mimmo
Garofalo e sulla tenuta della componente comunista.
Nelle lunga fase di lavoro comune, tutti i vari momenti
sottolineano le qualità di dirigente sindacale vero di Mimmo, uomo
colto,aperto, di acuta intelligenza politica. Ci si è chiesto se
fu più sindacalista o uomo politico,se il suo guardare alla
politica condizionasse il suo ruolo nel sindacato. Sono piccole ed
insignificanti questioni. Si entra sempre nel sindacato per
motivazioni politiche e passione sociale. La mia motivazione nello
scegliere la Cgil (avevo riferimenti nella Cisl come Camiti e
Gabaglio) fu che, attraverso di essa, passava l'unità sindacale e,
attraverso l'unità sindacale, poteva passare l'alternativa di
sinistra nel nostro Paese.
Certo, se Mimmo non fosse andato via, la Cgil avrebbe avuto meno
problemi ed una guida sicura per lungo tempo. Ma la scelta di
passare all'impegno politico si rivelò felice, non solo per il
successo personale, ma anche per l'apporto culturale, il taglio
riformista che egli portava nel confronto politico.
Lo ricordo anche con piacere ed affetto negli incontri romani,
quando lui era senatore ed io ancora segretario della Cgil
calabrese. Mi colpiva il suo impegno nel lavoro parlamentare, in
un parlamento in cui molti nostri conterranei facevano le
comparse.
Mimmo Garofalo aveva la sensibilità giusta ed un livello culturale
lo rendeva aperto, disponibile a scelte nuove o difficili come
quella riformista. La sua passione politica era passione civile e
ciò lo rendeva intellettualmente onesto Leale. Per me amico.
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