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Note dell' Autore

Il dilagare del protestantesimo in tutta Europa  aveva determinato una ferma reazione da parte della Chiesa che attraverso i tribunali dell'inquisizione, esercitava una dura repressione, non solo su protestanti ed eretici, ma anche sull'espressione del libero pensiero. Molti uomini di cultura e di scienza, se non furono mandati al boia, conobbero la gogna dell'umiliazione, perchè costretti a smetire e negare le loro stesse idee. Ma le stragi di intere comunità, di gente semplice ed inoffensiva, colpevole solo di osservare una loro lettura dei Vangeli, in contrasto con i canoni ecclesistici, non sono adeguatamente conosciute. Nel 1561 anche la Calabria fu teatro di una delle repressioni più sanguinose dell'intera controriforma. In particolare la provincia di Cosenza. Ispirata dal cardinale Michele Ghislieri, voluta dal vicerè spagnolo, appoggiata dal Signore del  luogo, Salvatore Spinelli, un'orda di criminali sostenuta da una colonna di soldati scelti, particolarmente abili nelle azioni di guerriglia, scese in Calabria ed espugnò, con l'inganno, la Torre di Guardia (attuale Guardia Piemontese) , sterminò gran parte dell'inerme popolazione e, spostatasi più a sud, completò la strage a S. Sisto , a Montalto e a Cosenza. Particolarmente cruenta fu la strage di Montalto, dove 88 valdesi furono scannati sul sagrato della chiesa di San Francesco di Paola. L'ispiratore della strage, cardinale Ghisleri, fu eletto papa con il nome di Pio V e, dopo la sua morte beatificato e fatto santo. Salvatore Spinelli divenne marchese. Nei paesi e nelle contrade bagnati da tante sangue innocente, con l'opera dei Gesuiti e missionari, fu cancellata persino la memoria storica di tanto insulto.

"CRONACA DI UN ECCIDIO" narra la storia di Jacopo e Rosalba, del pastore valdese, Gian Luigi Pascale, di un'intera comunità dilaniata dalla furia repressiva di spagnoli ed ecclesiastici. La storia dei personaggi, anche se di fantasia, è saldamente incastonata nelle autentiche vicende storiche dell'epoca. Alcune parti, come l'incontro di Pascale con il Vicario di Cosenza a Fuscaldo, sono state in gran parte riprodotte una cronaca del tempo, così come la strage di Montalto è largamente ispirata alla narrazione fattane da un cronista, testimone oculare. La cruenta repressione è raccontata in versi, alla manoiera della tragedia classica, in dialetto calabrese, e non nella lingua occitana, parlata dai valdesi del tempo, e ormai praticamente dimenticata, per rendere, con maggiore realismo, le atroci sofferenze di un popolo semplice e innocente.

NOTE DI REGIA

pagine di storia, fatta carne: date, cronache:personaggi. E' su questi, di questi, che vive il teatro. Quando il tempo muore nella storia, si rifà vita nel teatro; diventa vita vissuta nel presente, e richiama le storie dell'esperienza e della vita di oggi, riflessione e critica sugli eccidi dietro le nostre spalle e vive nel nostro sguardo. Anche gli eventi di oggi deperiranno sulle pagine scritte. Il sentimento del tempo che muore e rinasce: questa la pretesa e l'esigenza teatrale. Il testo è percorso da un brivido: il presentimento della tragedia finale, come nei classici. Lo svolgersi degli eventi, la loro trattazione: è questo il problema. Rendere stringente, come necessario e ineluttabile, lo svilupparsi degli eventi verso l'esito tragico. Solo, non si tratta di immedesimazione nel conflitto interiore in cui viene a incastrarsi l'eroe tragico; non si tratta di catarsi scaturita da un'altrimenti irrisolta contraddizione individuale. La narrazione scenica prende piuttosto la via della rappresentazione epica; si sviluppa nel tempo storico e riguarda una comunità di uomini, vissuti alcuni secoli fa, sulle stesse terre calpestate dai contemporanei. E' quindi questa la strada intrapresa: la scena si apre come le pagine di un libro, e dentro ci sono persone depositate, sul palcoscenico, vive, icone che non sono altro che uomini in carne ed ossa, come noi, proiettati indietro nel tempo storico. Il sentimento del tempo, e la fatica del sopravvivere ad esso. Rinascere ogni volta nella speranza, e nell'illusione, di una liberazione che alla fine si dimostra impossibile: poichè il tempo del presente appartiene al potere che è, comunque, sempre, senz'anima.