La nascita dei Calderai

      Lo storico Andreotti, nella sua "Storia dei Cosentini",  parlando  delle   origini  di Dibinium, riporta un brano del Barrio,  nel quale si rileva che gli abitanti del Casale producevano ed anche "assai bene", oggetti di rame   di varia specie ,  e cioè caldaie,  paioli,  catini,   caccavi,  ed altri  utensili simili. Oscure, in ogni caso sono le notizie sull'origine di quest'arte nel villaggio.
 ........Oreste Dito, in un suo studio sulla Calabria. attribuisce agli ebrei, seppure in via ipotetica, il merito di avere portato a Dipignano l'arte della lavorazione del
rame . Egli... ricorda un luogo che anche oggi ha una speciale caratteristica fra gli altri Casali cosentini. Il luogo è Dipignano e la caratteristica, l'attivita' ramara"    
                                                                                     
 
da    Eugenio M. Gallo
Dipignano,

Non vi è dubbio che l'artigianato ramaro è connaturato da sempre alla comunita' di Dipignano; parlare di Dipignano è parlare di calderai; parlare di calderai è parlare di Dipignano.
                                               
da "Dipignano e i Dipignanesi" di Franchino Gallo.

"Era dunque Dipignano il paese dei calderai per eccellenza, in tutta la Calabria. Concordano in ciò insigni studiosi, e sicuramente Dipignano deve la sua notorietà all'artigianato del rame, svolto dai suoi mastri ramari sin dal 1300. Quadarari o verbottari, tanto audaci che ebbero l'ardire di voler sfidare tutto e tutti nel costruirsi - si racconta - un esclusivo e lucente "cèwu 'i rama" (cielo di rame) a dispetto dei vicini abitanti di Paterno Calabro che ne erano, ovviamente, esclusi dall'uso."                                                                     
                                       
      da   "Dipignano e Paterno" dell'associazione  DEPINIUS

"u quadararu"
 "......Ciangennu si nne va ppe la campagna, l'aggellu chi nun trova cchiu'a casa...........Ciangia lu core de lu quadararu lassannu i figli, a casa e la mugliera.....
 .....a Lussemburgu o lu Cannataru....
 ..... addio cocciu de stagnu e ciccuatera!"

                                                                           
Francesco D'Alessandro

E cosi i ferri del mestiere

II calderaio ha mantici ad otre, fatti di pelle pelosa di capra, e che costano 5 carlini. Il collo o cervice dell'otre dicesi 'mozzo', e lì si ficcano 2 canne, che sono di ferro, e che il calderaio foggiasi da sè, e le due canne si uniscono con una calza di ferro, che dicesi 'tufera' Poi vi si adattano le 'tavelle' (tavolelle) per menare i mantici, ed i mantici sono fatti. Ha una tenaglia per tenere il rame sul fuoco, una 'chiovara' con 10 buchi (per ciascuno dei quali il ferraio si piglia 5 grana) che serve per inchiodare il rame ed un 'puntillo' acuto d'acciaro per fare i fori, dov'entreranno i chiodi. Ha una 'pizzicarola' o tinagliozza ha un 'maschitello' vasetto cupo di ferro dov'ei pesta il tartaro. Ha una provvisione di sale ammoniaco, che costa 3 carlini a rotolo. Ha un palo di ferro per conficcarsi in terra, con un collarino all'altezza di mezzo palmo per impedire al palo di penetrare più a fondo: e quel collarino si dice ' ciafarella' e la capocchia del palo dicesi 'bocca d'acciaio'.Ha una 'cesura' e cesurella' (forbice) per tagliare i! rame; una incudine, su cui lavora tenendosela tra le cosce; un 'raschiature' per raschiare e tor via lo stagno del rame vecchio; un compasso ed un 'sodature' (saldatoio di rame i con manico di ferro; un peciaiuolo ('zirunello' o 'vrujile') per tenervi la pece ed una 'vuracera' per tenervi il borace.

E così la canzone allegra e allusiva dei calderai che andando da paese in paese cantano:

Nue simu conza quadare;

simu venuti de Cusenza.
Ci ami le brutte da pagare,
alle belle facimu cridenza.

Noi siamo calderai ;/siamo venuti da Cosenza./ Le brutte devono pagarci,/ alle belle
tacciamo credito.)

E parlando in gergo cantano:

Ah! ah! ah! ah!
sunu ucciati i conza erba.
Chi vò stravia? chi vò 'ncupà?
Fa affaccella a cammarera,
vò 'ncuppata a cuccarà:

cu na botta chi ce 'ncupammu
la cuccarà le 'nziderammu.

 

 

Ah! ah! ah! ah!
sunu ucciati i conz'erbà:

Chi vò stravia? chi vò 'ncupà?
S'affaccifice mineca calia:

vò straviatà a paciullà:

cu na botta chi ci affinarmi
la paciullà le 'nzideramu.

(Ah!ah!ah!ah! sono arrivati i calderai / Chi ha bisogno di riparazioni?/ Si affaccia la
 cameriera / vuoi che le si rappezzi la cioccolatera / con un colpo che vi diamo / la
 cioccolatera le saldiamo / Ah! ah! ah! ah!/ S'affaccia una donna bella / vuoi che le
 si ripari una padella / con un colpo che vi assestiamo/ la padella le saldiamo /)

Le "Quadare"

da "Sotto un Cielo di Rame" di Franco Michele Greco