La nascita dei Calderai |
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Lo storico
Andreotti, nella sua "Storia dei Cosentini", parlando delle
origini di Dibinium, riporta un brano del Barrio, nel quale si
rileva che gli abitanti del Casale producevano ed anche "assai bene",
oggetti di rame
di varia specie , e cioè caldaie, paioli, catini, caccavi,
ed altri utensili simili. Oscure, in ogni caso sono le notizie
sull'origine di quest'arte nel villaggio.
Non vi è dubbio
che l'artigianato ramaro è connaturato da sempre alla comunita' di
Dipignano; parlare di Dipignano è parlare di calderai; parlare di
calderai è parlare di Dipignano.
"Era dunque
Dipignano il paese dei calderai per eccellenza, in tutta la Calabria.
Concordano in ciò insigni studiosi, e sicuramente Dipignano deve la
sua notorietà all'artigianato del rame, svolto dai suoi mastri ramari
sin dal 1300. Quadarari o verbottari, tanto audaci che ebbero l'ardire
di voler sfidare tutto e tutti nel costruirsi - si racconta - un
esclusivo e lucente "cèwu 'i rama" (cielo di rame) a dispetto dei
vicini abitanti di Paterno Calabro che ne erano, ovviamente, esclusi
dall'uso."
"u quadararu"
E cosi i ferri del mestiere II calderaio ha mantici ad otre, fatti di pelle pelosa di capra, e che costano 5 carlini. Il collo o cervice dell'otre dicesi 'mozzo', e lì si ficcano 2 canne, che sono di ferro, e che il calderaio foggiasi da sè, e le due canne si uniscono con una calza di ferro, che dicesi 'tufera' Poi vi si adattano le 'tavelle' (tavolelle) per menare i mantici, ed i mantici sono fatti. Ha una tenaglia per tenere il rame sul fuoco, una 'chiovara' con 10 buchi (per ciascuno dei quali il ferraio si piglia 5 grana) che serve per inchiodare il rame ed un 'puntillo' acuto d'acciaro per fare i fori, dov'entreranno i chiodi. Ha una 'pizzicarola' o tinagliozza ha un 'maschitello' vasetto cupo di ferro dov'ei pesta il tartaro. Ha una provvisione di sale ammoniaco, che costa 3 carlini a rotolo. Ha un palo di ferro per conficcarsi in terra, con un collarino all'altezza di mezzo palmo per impedire al palo di penetrare più a fondo: e quel collarino si dice ' ciafarella' e la capocchia del palo dicesi 'bocca d'acciaio'.Ha una 'cesura' e cesurella' (forbice) per tagliare i! rame; una incudine, su cui lavora tenendosela tra le cosce; un 'raschiature' per raschiare e tor via lo stagno del rame vecchio; un compasso ed un 'sodature' (saldatoio di rame i con manico di ferro; un peciaiuolo ('zirunello' o 'vrujile') per tenervi la pece ed una 'vuracera' per tenervi il borace. E così la canzone allegra e allusiva dei calderai che andando da paese in paese cantano: Nue simu conza quadare; simu venuti de Cusenza. Noi siamo calderai ;/siamo venuti da Cosenza./
Le brutte devono pagarci,/ alle belle E parlando in gergo cantano: Ah! ah! ah! ah! cu na botta chi ce 'ncupammu
Ah! ah! ah! ah! Chi vò stravia? chi vò 'ncupà? vò straviatà a paciullà: cu na botta chi ci affinarmi
(Ah!ah!ah!ah!
sono arrivati i calderai /
Chi ha bisogno di riparazioni?/
Si affaccia la
Le "Quadare" da "Sotto un Cielo di Rame" di Franco Michele Greco |