Con l’avvio della discussione parlamentare sul
progetto di legge costituzionale sulla cosiddetta devolution ecco alzarsi da
più parti le paure e i dubbi circa una possibile disgregazione dello Stato
unitario a cui si incorrerebbe. Sono in molti i cittadini italiani che
vorrebbero capire e avere delle conoscenze e delucidazioni maggiori sulla
devoluzione.
Proprio di questo si è parlato al convegno
organizzato dai Democratici di Sinistra della sezione Guercio di Dipignano sul
tema “Federalismo o Devoluzione?”. Davanti ad una numerosa platea di cittadini
ha relazionato il professor Silvio Gambino, Preside della Facoltà di Scienze
Politiche all’Università della Calabria.
Nell’uso che sta avendo in Italia, il termine devolution
indica in sé un trasferimento di poteri e di competenze dal centro verso i
livelli periferici dell’amministrazione statale. Nel caso concreto, propugnato
dal movimento leghista e dalla Casa delle Libertà, il livello specifico è
quello delle regioni. Il fine ultimo del processo è quello di procedere verso
la definitiva creazione dello Stato Federale, completando la riforma del Titolo
V della Costituzione.
Non è dello stesso avviso il professore Gambino che
nella sua relazione e nel susseguente dibattito con i cittadini, ha messo a
nudo luci ed ombre della situazione italiana.
“Non usiamo la parola federalista perché è un
imbroglio – ha detto il professore – non è federalista la forma di Stato che
emerge dalle riforme, anche se ai più piace questa parola, che però è usata in
modo errato. Federalismo si può adottare solo in presenza di Stati che hanno
una propria sovranità originaria.Tra questi stati che sono sovrani, che hanno
cioè una loro Costituzione, un loro Parlamento, un loro Governo, una loro
Magistratura e una Corte Costituzionale di comune accordo si decide di cedere
quote a favore di uno stato superiore, appunto lo Stato Federale. Non è il caso
nostro, noi siamo in presenza di un processo di decentramento di poteri”.
Gambino ha poi continuato il dibattito relazionando
sui punti centrali su cui ruota la possibilità per le regioni di attivare le
proprie competenze: Sanità, Istruzione e Polizia locale.
Infine incalzato dalle molte domande dei presenti
sui rischi e sui problemi che si nascondono dietro al federalismo o alla
devoluzione il professore ha risposto che “il problema non è nella quota di
decentramento del potere ma è tutto al contrario; il problema sta nelle
regioni. Non tutte possono far tutto e soprattutto non ne hanno le capacità: vedi
la nostra Calabria rispetto alla Lombardia.
Il nostro Paese a livello regionale si è mostrato
storicamente incapace, inefficiente, corrotto e clientelare. E il Governo cosa
fa? Invece di ridisegnare con più adeguati controlli quella che è l’esigenza di
efficienza a cui bisogna ricondursi, il Governo da altri poteri alle regioni:
ciò implicherà enormi problemi per il futuro alla maggior parte delle regioni
italiane”.