Origini di Dipignano

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     Dipignano da “Depinius”- Terra di Depinio – quindi “Depiniano” <G. Rholfs>, oppure da “Di-binian”- abbondante di case o da “luogo di pigne”- lo stemma comunale è formato da pigne. Pare che gli storici concordano che Dipignano fu fondato nel 977, quando i cosentini per sfuggire all'invasione dei Saraceni si rifugiarono nei Casali limitrofi. C'e' qualcuno che afferma, che in tempi ancora piu' antichi, il territorio di Dipignano rientrasse in una colonia militare, mandata dai romani nel Bruzio, dopo la sconfitta di Annibale nella seconda guerra punica, per tenere a freno le popolazioni locali. In ogni modo il Casale era gia' abitato nel 700 , ed era organizzato in contrade, quali ad esempio Motta, Muscano, Porchiacche, dove probabilmente vi erano le prime forge; inoltre esisteva un romitorio che fungeva anche da cimitero, e sulle cui rovine nel XV secolo i “frati minori” che aderirono alla riforma introdotta da S. Bernardino da Siena, fondarono la Chiesa ed il Convento di S. Maria delle Grazie, meglio conosciuta come il Santuario dell'Ecce Homo, in seguito adibito a convento.ciò fa pensare che intorno esistesse una comunità civilmente organizzata, quasi certamente la contrrada Motta che si ergeva sulla vallata ove sorge la città di Cosenza. Qui vi era pure una chiesetta costituita a parrocchia ed esiste un ampio spiazzo circondato da ruderi, dove la fantasia popolare vuole che sorgesse la "Casa della Regina", forse questa struttura costituiva la residenza estiva del Vescovo di Cosenza. lo sviluppo del casale quindi parte da contrada Motta e sale su, formando via via i vari rioni: Porchiacche, Muscano, Basso, Petrone, Viziosi, Brunetta, Capocasale, Santamaria. Il 1300 segna un grande fiorire dell'artigianato dei calderai di Dipignano, e le loro botteghe erano famose per tutti i Casali. Tuttavia i primi documenti storici riguardanti Dipignano risalgono , come afferma Maone, ad un privilegio datato 1202 e da una carta venditionis del 1217 in cui si parla di "dominio Iosephe de Depiniano". Altri documenti rguardano un diploma del 1487, con il quale la corte aragonese concedeva unaa reale beneficenza agli uomini di Dipignano, tale beneficenza consisteva nel fatto che gli artigiani di Dipignano erano esentati dal prestare la loro opera gratis ad ufficiali o commissari calabresi. Altro diploma dato da Alfonso V di Aragona "Pro hominibus Dipiniani" nel 1442 che concedeva beni feudali ad una quarantina di dipignanesi. tra cui Napoleone de Capocasali, Nicolao Curcio, Nicolao de Loe, Pietro de Carusio. Lo stesso diploma confermava le immunità e i porivilegi assegnati in precedenza ai Dipignanesi da Carlo III, da Re Ladislao e dalla Regina Giovanna II. Nel 1421 scoppiano le lotte fra Angioini e Aragonesi, che portarono alla devastazione dei Casali e alla loro spoliazione, e questo secolo si chiude con la vendita dei Casali per quarantamila ducati. Nel 1631 il Casale fu di nuovo venduto e ricomprato da Cosenza ed infine ceduto al Granduca di Toscana che lo governo' fino al 1647. Fra gli abitanti spinti dall'amarezza, incominciò una frenetica ricerca di fondi per poter riscattare il casale e vi riuscirono tre anni dopo, conquistando la libertà con il pagamento di 203.409 ducati, a tale ricerca parteciparono largamente i ramai dipignanesi. Il seicento tanto tumultuoso per Cosenza e Casali, non portò nocumento alla popolazione dipignanese che continuarono l'attività ramara portando tanto beneficio alla popolazione. Il 1800 segna la decadenza dell'artigianato ed il sud è nelle mani dei francesi; e Dipignano, che faceva parte della Calabria Citeriore, fu posto nel distretto di Cosenza. Ricordiamo anche che nel 1807 fu capoluogo di governo, per questo divenne un circondario importante. In epoca borbonica dovette cominciare a cedere la supremazia sull'arte ramara per la concorrenza d’altri paesi e comincio' a ritornare all'agricoltura, restarono in vita piccole botteghe di artigiani che a parte il rame lavoravano il legno ,e producevano inoltre vasi, piatti in terracotta, le donne in casa si dedicavano al ricamo . Oggi i calderai di Dipignano hanno varcato quasi le soglie di un mito.