Gli eventi bellici avevano creato in Europa una situazione veramente
difficile, e la lotta per il primato stava diventando una lotta di
sopravvivenza, ovunque scioperi e contestazioni, ovunque serpeggiava
la fame e la situazione politica non chiara e determinata creò i
presupposti per la nascita di Mussolini in Italia e di Hitler in
Germania, ed ebbero il successo facendo leva sull’opportunismo, sul
malcontento generale, sulla provocazione e sullo sfogo della violenza
squadrista, ma questi sono problemi che esulano dal ns lavoro..
Anche a Dipignano, la gran fame non accennava a regredire.
Al rincaro dei prezzi delle merci, faceva riscontro la riduzione dei
salari; Abbondava la manodopera e non c’era lavoro. I reduci dal
fronte costituivano una massa di disoccupati
“Tanto per fornire qualche dato significativo: la giornata lavorativa
di un maschio adulto si aggirava intorno a lire 4,50, quella delle
donne a lire 2,50 e quella dei ragazzi, a lire 1,50. Tariffe che,
però, non venivano per niente rispettate dai datori di lavoro, che
offrivano paghe sensibilmente inferiori, e chi voleva lavorare doveva
accontentarsi. Viceversa, il prezzo del pane misto era aumentato a 72
centesimi il pezzo (il pane si vendeva a formette di peso
standardizzato), quello della farina bianca a lire 1,27 il chilo e
quello dell’olio a lire 5,40 il litro.” (da Dipignano e i Dipignanesi
di F. Gallo).
Intanto, si spegneva l’avv. Francesco Mele, senatore del Regno. Il
consiglio comunale presieduto da De Franco, del 27 dicembre 1919, il
Sindaco Mele per ovvi motivi era assente, proclamava il lutto
cittadino e si stabiliva di mettere una lapide al ricordo sulla
facciata della casa del Sen Mele , si stabiliva di creare un monumento
in suo onore e da sistemarlo in luogo da destinarsi e di intitolare la
Via Capocasale in : “Corso Senatore Francesco Mele”.
La morte del Senatore determinò un nuovo assetto politico per i
dipignanese cominciavano a delinearsi due fazioni ben distinte, da una
parte le leghe cattoliche con a capo Don Ciccio Cozza, dall’altra le
leghe rosse con a capo Salvatore Guercio , che aveva come suggeritore
l’avv. Giovanni Serra, che cercava una rivincita sulla sconfitta del
’14, inoltre entrava il lizza anche Michele Serra che abitava in
contrada “Pianette”, che fu uno dei fondatori del P.C.I. calabrese,
con Fausto Grillo e Fortunato La Camera.
Nel novembre del 1920 il gruppo socialista riuscì a conquistare il
Comune, Salvatore Guercio fu eletto Sindaco e componenti la Giunta
furono eletti: Cirolia Domenico, Valentini Luigi, Caruso Salvatore e
Scornaienchi Domenico.
Intanto a Cosenza , sotto la guida di Luigi Filona, si stava movendo
il nuovo partito del fascio, nel suo seguito vi era un ns concittadino
Vincenzino Aloe, la cui famiglia abitava a Cosenza, ma ritornava a
Dipignano solo nei mesi estivi, ricordiamo per inciso che Vincenzo
Aloe scappò da casa a 19 anni per Roma , per partecipare alla famosa
“marcia”. Per la stima che godeva, per la sua simpatia gli riuscì
facile infondere l’entusiasmo per il nuovo movimento e ,11 15 agosto
del ‘22, nei locali del Circolo Democratico, si costituì, e fra gli
applausi fu eletto il “Direttorio” cosi composto: Naccarato rag.
Francesco, segretario politico; Mele Saverio (soprannominato Tizzune),
segretario amministrativo; Caruso Giuseppe, tesoriere; Capocasale
Eugenio e Plastina Rodolfo.
I partecipanti erano: Capocasale Vincenzo fu Giuseppe; Caruso
Vittorio, soprannominato “Garazzetto “; D’Alessandro Vincenzo; Mele
Francesco, studente; Coscarella Ernesto; Micieli Francesco; Presta
Giuseppe; Saporito Francesco fu Antonio; Aloe Salvatore; Caruso
Antonio; Presta Giovanni; Mele Francesco; Aloe Giovanni fu Salvatore;
Maone Pasquale; De Franco Giuseppe; Apicella Oreste; D’Alessandro
Francesco; De Franco Vincenzo; Plastina Beniamino fu Nicola; Plastina
Rodolfo fu Nicola; Caniso Vincenzo fu Giuseppe; Grandinetti Giuseppe;
Grandinetti Michele; Romano Luigi; Barrese Salvatore; Plastina
Salvatore; Ferraro Giovanni; Apicella Emilio; Beniamino Mele;
Capocasale Luigi; Mele Francesco Saverio; De Franco Gaetano; Galasso
Cosimo; Santo Pietro; D’Alessandro Michele; Saporito Francesco fu
Michele; Aloe Carlo; Caniso Saverio; Mele Vincenzo fu Pietro; Caruso
dott. Francesco e Vitelli Antonio di Raffaele.
La squadra fascista dipignanese fu tra le 52 della provincia, che il
10 dicembre del 1922, si radunarono a Cosenza per accogliere
festosamente Michele Bianchi.
Il Sindaco Guercio, sollecitato dalle circostanze, il 16 aprile del
‘23 si recò a Roma, insieme con il Segretario comunale, per
partecipare alle solenni onoranze tributate al “quadrunviro” Michele
Bianchi.
Fu l’ultimo atto pubblico , sciolto il Consiglio, il comune fu
commissariato, fu designato a questo compito il Barone Staffa
Raffaele, sotto la guida di questi, che durò un anno non si
verificarono atti di grande importanza, tranne che voleva tagliare gli
olmi della piazza (Sutta l’Umbri) per farci ruote di carro, o la
spedizione punitiva per opera di una squadra fascista di Cosenza nei
confronti di Salvatore Guercio, che andò in fumo.
Nella seduta del 24 luglio 1924, veniva eletto Sindaco Cesare Barone,
della cui giunta venivano a far parte: Caruso Salvatore, Guercio
Salvatore, Giannotta Vincenzo, Prete Saverio, Gallo Eugenio e Pasqua
Giovanni.
La delibera in un primo momento veniva respinta dal Prefetto a causa
di un’irregolarità, ripetuta il mese successivo, Cesare Barone veniva
rieletto all’unanimità.
Cesare Barone era persona arguta, dalla “battuta” pronta e ironica al
caso e gestiva una cantina alle spalle della Chiesa di S. Nicola.
Altra cantina era quella , in contrada Cona, gestita da Vincenzo
Marino, ma la più accorsa era quella di Cesare, forse per la sua
amabilità per i suoi frizzi, per la posizione centrale. Nei giorni di
festa si riunivano operai e contadini, portavano la loro “pezzata” una
quadrato di stoffa con dentro pane, formaggio, salame ed insieme a
frutta secca gustavano il vino di Cesare. Passavano inoltre il tempo a
giocare alla “passatella “ o altrimenti detto a “patrune e sutta”
Il Consiglio comunale diretto dal Sindaco Cesare Barone, non ebbe
molto tempo per svolgere il loro programma, perché per gli eventi
incalzanti del Fascismo, fu sciolto anzitempo per ordine prefettizio.
Comunque il 7 settembre del 1924 stipulò il contratto d’illuminazione
pubblica con la compagnia elettrica di Carolei così articolato:
l’impianto era costituito da 80 lampade per il costo di lire 8.400;
fornitura energia per 2.000 candele, costo annuo lire 5.200.
Inoltre la Giunta poté deliberare di estendere la conduttura
dell’acqua potabile nei vari rioni compreso alcune case di campagna e
case coloniche, e riuscì anche a deliberare l’8 novembre del 1925 la
costruzione di un monumento ai caduti in guerra, e fu deciso di
sistemarlo “sutta l’umbri” in piazza vicino la chiesa di
S. Nicola, ed
all'inizio di via
XXIV Maggio, oggi lo
stesso è stato rimosso e posizionato più giù per il rinnovo della
piazza, la statua del milite fu commissionata all’architetto
Giocchetti di Roma, tutte le spese inerenti al monumento furono
assorbite da una raccolta realizzata da un comitato presieduto da
Emilio Gaudio fra i dipignanesi emigrati in USA.
Questa fu l’ultima operazione della Giunta Barone.
|