Piedi Scalzi Spine e lacrime
La processione dell'Ecce Homo tra spiritualità e leggenda
Le radici dell'appartenenza si alimentano agli umori profondi della
memoria comunitaria e familiare, alla letteratura, al patrimonio
dell'arte ma. soprattutto, all'espressione religiosa. Quanti amano
Dipignano e le sue tradizioni religiose sanno benissimo che la
devozione perl'antica scultura dell'Ecce Homo, dalla straordinaria
bellezza e dalla possente drammaticità, è da sempre molto sentita
dai dipignanesi. Se ne ha una riprova ogni anno nella preparazione e
celebrazione della festa del 3 maggio. La devozione popolare
raggiunge il suo momento più intenso con la processione del
Santissimo Ecce Homo sul piazzale antistante il convento, voluta
particolarmente dai contadini per invocare la grazia di un buon
raccolto. Significativa la testimonianza degli anziani che
raccontano come un tempo era veramente una fiumana di devoti vicini
e lontani alcuni dei quali giungevano a piedi scalzi in segno di
umiltà e penitenza dai paesi limitrofi. La gente di Dipignano
ricorda il verde delle corone di spine, la fatica dei portatori del
simulacro quando, per i sentieri tortuosi di "Ferdizza", s
incamminavano verso il Convento dei Cappuccini.
Scrive lo studioso Giulio Palange: "Quando la siccità minaccia i
raccolti i dipignanesi si mettono in testa un serto di spine,
prendono dal santuario della Riforma il Santissimo Ecce Homo e lo
portano in processione per le contrade. Il corteo segue sempre lo
stesso percorso, e quanti reggono la statua sulle spalle, allorché
sono in vista del Convento dei Cappuccini, ove è custodito un
dipinto della Madonna, voltano l'Ecce Homo di spalle e lo rigirano
solo dopo che il convento in questione non si vede più. Tale usanza,
che potrebbe sembrare una stramberia ritualistica, ha. invece, una
precisa ragion d'essere.
Anni fa. in occasione d'una stagione particolarmente seccagna, fu
eseguita come contromisura la rituale processione, ma quando il
corteo giunse nei pressi del convento. l'Ecce Homo diventò d'un
tratto cosi pesante che i portatori non ce la fecero più a
procedere. S'avvicendarono portatori più freschi, si provò anche a
far trascinare la statua da una pariglia di buoi. ma inutilmente,
l'Ecce Homo non mostrava la seppur minima intenzione di volersi
muovere. Che fare? E, soprattutto, perché quell'arcano? Intervennero
alcuni frati, i quali, ragionandoci sopra, trovarono la spiegazione:
poiché nel convento c'era il dipinto della Madonna, l'Ecce Homo,
trovandosi ad un passo dalla propria madre, voleva restarle vicino
e. quindi, era ricorso all'espediente di diventare pesante come una
montagna. E solo a prezzo di preghiere, autoflagellazioni, accorate
invocazioni, i frati riuscirono a convincere l'Ecce Homo che lì non
poteva rimanere perché anche le altre contrade avevano bisogno di
lui e del suo intervento miracoloso per far piovere: l'Ecce Homo
ridiventò leggero e la processione potè riprendere. E da allora, ad
evitare che la cosa si ripeta, prima del Convento dei Cappuccini
l'Ecce Homo viene girato di spalle, così non s'accorge di passare
vicino alla madre e non s'impunta per poterle rimanere accanto".
A parte la leggenda . magistralmente narrata da Palange, il
folclore, le file dei devoti pellegrini, le lacrime, le preghiere, i
disagi della montagna e del tempo molto spesso piovoso. i piedi
scalzi, le ginocchia trascinate per terra. i bimbi portati sulle
braccia dalla mamme a vedere e baciare I Ecce Homo. le offerte in
denaro, gli sguardi protratti ed oranti verso la sacra scultura, le
labbra mormoranti desideri del cuore, le dispute dei dipignanesi per
portare a spalla il simulacro, gli assordanti mortaretti dopo la
novena, gli uomini con i serti di spine sulla testa, i canti intrisi
di pietà popolare e tante altre spontanee manifestazioni del ricco
animo popolare, erano le espressioni di una spiritualità antica L
uscita del simulacro del SS.Ecce Homo dalla chiesa costituiva e
costituisce ancora il primo dei momenti più attesi. La statua viene
portata a spalla dai devoti . mentre si sentono canti, inni
religiosi in dialetto, espressione di una fede schietta e
commovente, e poi grida di esortazione che evocano un 'atmosfera
fortemente suggestiva, s'innalzano come "Viva l'Acci Omu!" oppure 'E
dicimulu ccu tuttu lu core: Viva 'u Santissimu Acci Omu !" La folla
si accalca intorno al simulacro mentre i devoti asciugano il volto
del Cristo con il fazzoletto che conservano come una reliquia I
dipignanesi sono spinti da desideri di purificazione e spesso
chiedono una guarigione o assolvono a qualche voto. Lo spettacolo di
una grande folla che al passaggio dell'Ecce Homo prega e si
commuove, e non è da sottovalutare. Dio solo può capire quello che
ognuno sente nel proprio cuore in quei omenti. Molti hanno cambiato
una vita sbagliata in un'esistenza migliore propio davanti al
simulacro seicentesco dell'Ecce Homo che veniva portato in
processione. Santa Teresa d'Avila,dottore della . Chiesa, diceva di
essersi "convertita" guardando la statua dell' Ecce Homo collocato
nell'oratorio in attesa dell'inizio di una festa religiosa. La
processione del simulacro dell'Ecce Homo di Dipignano è simbolo di
un profondo e radicato sentimento religioso ma anche di un'autentica
tradizione tramandata di generazione in generazione Ecco perché è
difficile descrivere nella sua pienezza questa processione, si
riesce solo a dare una lontana idea dello scenario mistico che si
presenta a chi vi assiste: le emozioni, infatti. non si possono
raccontare, occorre viverle.
Al padre guanelliano Don Tino Donò (1941-1995) che visse tra le mura
del convento di Dipignano dal 1989 al 1992. avevo descritto
sommariamente lo svolgimento della festa dell'Ecce Homo. ma quando
ebbe occasione di assistervi mi disse, pieno di ammirazione- "...non
ho mai assistito ad una novena e a una festa religiosa come questa.
Con mia grande soddisfazione, ho visto molto, molto di più di quello
che mi hai raccontato. Ed lo che vengo da Dolo. in provincia di
Venezia, sento l' esigenza di testimoniare: una festa così non
l'avevo mai vista; e non solo per il folclore stupendo, ma per la
vostra fede, per la spiritualità cosi intensa. Per tutto il
novenario ho visto la chiesa della "Riforma" letteralmente stipata,
e quanti Rosari. guanti canti antichi! E tutto questo quale
significato assume? E' amore, è fede: la fede e la devozione che
avete ereditato dagli antenati dipignanesi, figli di ramai. La parte
sana della terra dipignanese fa muro intorno alle tradizioni dei
padri, anche oggi. E voi dovete difenderla questa realtà popolare e
religiosa e valorizzare queste tradizioni". Diceva Tuturo Bilotta.
un anziano dipignanese assai devoto dell'Ecce Homo: "Noi dipignanesi
rivediamo e riviviamo nella statua dell'Ecce Homo le gioie, le
aspirazioni, le lacrime, le preghiere dei nostri avi e. in qualche
modo, le vicende stanche della nostra terra".
Il novenario ripercorre un antico itinerario di spiritualità e
testimonia e riafferma, ancora oggi, la coscienza di un popolo
profondamente cristiano, legato alle pratiche devozionali e
soprattutto al dolore del Cristo flagellato, con cui spesso
identifica le proprie sofferenze. L'inno "Ecce Homo io lo vedo",
cantato con il cuore gonfio di fede, il Rosario pure cantato e tante
altre preghiere sono patrimonio spirituale e culturale di un mondo
che forse oggi vive pericolosamente il crinale della dimenticanza,
perché patrimonio di generazioni che stanno tramontando.
Questo mi spinge, attraverso anche questo articolo, a far rivivere
insieme all'immagine del SS.Ecce Homo. tutta la forza di una realtà
culturale e spirituale che non deve andare assolutamente perduta,
pena il grave impoverimento delle generazioni future, alle quali si
deve raccontare, ma anche mostrare concretamente quanto i nostri
anziani ci hanno tramandato.
Franco Michele Greco
|