La leggenda della Campana Santa

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      Attornono a quella che gli storici hanno giustamente definito "patria dei calderai", sonnecchia una campagna bellissima e piena di leggende, popolata di chiese colme di antico fascino, di luoghi incantati che parlano di artigiani del rame e di fonditori di campane, dove è possibile trovare i gioielli nascosti degli antichi borghi fatti con tré case ed un campanile.Ed è proprio dal campanile del Santuario del Santissimo Ecce Homo, che ha inizio la leggenda della campana santa, una delle tante storie di tradizioni popolari nascoste fra le pieghe della terra dipignanese.Nella penultima campata del campanile ci sono cinque campane montate su traliccio di ferro. La più grande di essa. dal peso di circa sette quintali, è stata rifusa nelle fonderie del quartiere Capocasale. nel 1920, dai fratelli Valentini di Dipignano e nel 1956. dai fonditori della celebre ditta Mannelli di Agnone (Campobasso).Il suo tocco è però dissimile da quello della campana madre originaria (dedicata Santa Maria degli Angeli), fusa nel 1633 da un tal "Marciano" e la tradizione orale dipignanese. fiorita sulla bocca del popolo, vuole che la stessa fosse stata posta al riparo sotto terra durante l'invasione della Calabria da parte dei Francesi di Gioacchino Murat. Passati i Francesi e tornati i Borboni, i dipignanesi cercarono in lungo e in largo la segreta dimora della campana. Nessun segno, nessuna traccia che potesse condurre al misterioso nascondiglio. Pregarono. Un Angelo comparve in sogno ad un tal Fra Ciccio e gli indicò il luogo dove giaceva la campana: "Sul monte, al centro di tré castagni secolari". Si snodò la processione con fiaccole e cilici. Fra Ciccio esausto chiamò la campana col nome di Maria: "Maria. Maria dove sei? Rispondici!". La campana rintoccò flebili lamenti. Il bronzo fu tirato fuori ma risultava danneggiato. Venne rifuso ma i suoi rintocchi non sono più quelli che un tempo invitavano i dipignanesi alle lunghe meditazioni e al tradizionale novenario che preparava alla Festa del 3 maggio in onore del Santissimo Hecce Homo. Si narra ancora che durante la serena morte di Fra Ciccio un angelo suonò alla "campana santa" i lenti tocchi dell'agonia.
 

 da: “Sotto un Cielo di rame”, di Franco Michele Greco