La fine di un viaggio o di un lavoro porta sempre malinconia: fa parte
del destino umano. Solo il sonno porta i sogn i...":
è in queste parole,
pronunciate alcuni mesi prima di morire, il testamento di Enzo
Filippelli, Il musicista che incarnò la scena del Rhythm’Blues in
Calabria e che è morto nel 1999, a solo 41 anni, dopo un anno e mezzo
di battaglia contro la leucemia. La sua missione non è stata quella di
vendere dischi, per scalare la hit parade. Enzo faceva musica per
aiutare la gente a percepire la "segreta bellezza dell’universo". La
musica di Fllippelli, definito dalla critica" il musicista della
calabritudine", andava oltre l’intrattenimento o lo show business.
Convinto da sempre che senza il blues non esisterebbero le musiche e i
suoni moderni, Enzo cercava di seguire la strada della tradizione
innovativa, senza mai ripetersi. Con un piccolo gruppo, quello dei
"Piloti Bendati", ebbe la possibilità di fondere blues e jazz con
suoni e colori estremamente diversi tra loro.
La musica
-sosteneva Enzo- è spiritualità ed energia. Il pubblico e la critica
corrono dietro le etichette, e perdono il significato del suono. Anni
fa continuava Enzo alcuni critici musicali, de-finirono
‘Calabritudine’ la mia musica... Il termine mi piacque perché evocava
il personaggio di Franco Costabile, poeta calabrese, morto suicida a
Roma nel 1965. A Franco Costabile e al suo "cuore troppo cantastorie",
sono legato dal 1985, anno in cui scoprii "La rosa nel bicchiere".
Alla sua memoria ho dedicato tutta la mia produzione musicale composta
sui suoi versi" Enzo era una persona straordinaria, che aveva ancora
tante cose da dire. Un giovane generoso e sensibile, che molto ha
fatto e molto ha amato. Un giovane che si emozionava nel sapere che
c’era una nuova attenzione, anche in Calabria, tra i diversi linguaggi
musicali, perché proprio il valore universale della musica
(pentagramma e note, tecnica ed emozione, erano le stesse per tutti)
poteva aiutarci a cogliere e accogliere il valore della diversità,
dell’incontro tra le culture e i linguaggi, l’importanza della
crescita e dell’arricchimento reciproco. Negli ultimi anni della sua
breve esistenza, lo vidi impegnato nel sociale, "paladino" delle cause
ambientaliste, spesso in campagne che avevano come traguardo la
sconfitta di quel male così grande e spaventoso che facciamo
addirittura fatica a pronunciarne il nome. Enzo Filippelli, cercava in
quell’impegno di sondare la vicenda umana per cercarne il significato,
il senso, e qualche anno più tardi, aveva modo di confrontarsi con un
pentagramma ancora più difficile: quello della sua sofferenza e a
lottare contro la leucemia,che lo avrebbe strappato ai suoi affetti e
al suoi Cari.
Nato a Dlplgnano
il 22 febbraio 1958, Enzo aveva frequentato l’Università della
Calabria dove si era laureato In Storia medievale nel 1984, con una
tesi sulla "Calabria Meridionale tra Normanni e Svevi" e con Il
massimo del voti. In quegli stessi anni si era guadagnato la notorietà
per gli arrangiamenti delle canzoni del popolare cantante cosentino
Mario Gualtieri e per essere stato il tastierista della sua band. La
fama era arrivata con l’amicizia con Amy Coleman, voce alla Janis
Joplin, della quale incarna l’istinto ribelle, l’anima di colore e che
vive e lavora a New York come singer nei locali del Grenwich Village e
del New Jersey.Significativo fu il "Classico blues", presentato al
Teatro Rendano dl Cosenza, verso la fine degli anni ‘80, nel quale per
la prima volta la voce roca dl Amy Coleman si Incontrava con le
tastiere e il synt dl Enzo Fllippelli. Un incontro artistico Inedito
che trasmise agli ascoltatori uno straordinario calore emotivo e una
forte carica vitale. Cos’è che fece fare il salto al giovane Enzo che
confessava di aver cominciato a suonare per distinguersi, per intima
irrequietezza, per il bisogno di uscire dal coro? Forse fu una sana
ambizione, la voglia di essere davvero diverso dagli altri, anche dai
suoi colleghi che si sentivano appagati dallo star seduti su montagne
di soldi. Così, invece di accoccolarsi su una raggiunta notorietà,
Filippelli era andato oltre, sperimentando sempre cercando di usare
l’estro creativo per dare alla musica qualcosa di più, di più
complesso, di più pensato.Così, naturalmente, Enzo era diventato un
musicista impegnato, affiancandosl agli amici musicisti Eugenio Guido
e Carlo Mercuri. Insieme a loro pensò che fosse arrivato il momento,
in Calabria, di suonare dal vivo il Rhythm’n Blues. Nel 1993,
risultava evidente la difficoltà di proporre nei nascenti pub e
discoteche musica dal vivo, non certo quella tradizionale leggera, che
si rifaceva ai nascenti piano-bar, né a quella denominata discomusic’.Il
nascente repertorio dei "Piloti Bendati" prevedeva cover di Rhythm’Blues
con tanto di sezione fiati.Cosi cominciammo a girare la Calabria
-ricordava Enzo- in discoteche e pub. Era curioso suonare come
saltimbanchi di strada per chi non ti aveva scelto e non era
preparato, per chi si stupiva, per chi continuava come se niente
fosse. E noi a darci dentro, a conquistare gli applausi. E via, In
questi viaggi ‘on the road’ e foglietti di calendario come in un
vecchio film strappati e sotto immagini di giovani, applausi, risate,
cialtronerie. salti. Il repertorio dei "Piloti Bendati" è stato
riconosciuto come magico. tanto che gli stessi degustatori di panini
salivano e ballavano sui tavoli dei locali. con le cover di J. Brown,
Otis Reddlpg, Aretha Franklin, Blues Brothers, Jeny Lee Lewis, e
gruppi italiani come I Ribelli di Demetrio Stratos, Nino Ferrer,
Giulio Todrani (il papà di Giorgia).
Enzo Filtppelli si
era guadagnato un altro spazio di notorietà alla fine degli anni’80,
con la partecipazione a "D.O.C.", il programma del palinsesto R.A.I.
dedicato alla musica di qualità, condotto da Gegè Telesforo e Monica
Nannini, dove si erano alternati artisti rock. jazz, blues, pop,
country e di ogni genere musicale, persone che, come Enzo, con la
musica nel cuore, avevano anche una storia di Impegno e solidarietà da
raccontare. Di quel periodo diceva - Enzo - mi restano i ricordi e di
tanto in tanto dei dischi da ascoltare...SI torna poi a casa, a
respirare calmi e ci si ritrova alle prese con la quotidianità; quella
propria e quella di tutti.Quella tua te la risolvi come meglio puoi,
come ti riesce. Ma come la mettiamo con le miserie del mondo, le
guerre, la fame, la violenza, il cinismo, il razzismo, le ruberie, le
tribolazioni, le cose che non vanno, che non sono mai andate, che non
andranno? E che dire ancora che non sia stato detto e aggiungere la
tua voce a un disperato coro senza più suono? Certo il privilegio di
suonare, a volte, ti salva. Ti fa fare pace con la musica. Forse un
giorno anche con la vita.
Enzo era un poeta.
E anche. se rifiutava questa qualifica, sostenendo che la poesia è una
cosa e la musica un’altra, il suo modo di esprimersi era sempre
poetico. Enzo era anche sincero e serbava. intatta, la schiettezza
dell’adolescente. Ma nelle sue parole, anche di quelle "impegnate"
sulle miserie del mondo e pronunciate una bella mattina di fine estate
a Dipignano, suo paese natio, nell’antica Piazza degli olmi, si
avvertiva il lungo, travagliato cammino di un grande artista, del
"dolce poeta del blues", del musicista della ‘Calabritudine’.
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