Ha riscosso successo anche a Dipignano, dopo il
tributo del Nuovo Cinema Italia a Cosenza, la presentazione del libro di
Claudio Dionesalvi, sui tumulti antiglobalizzazione del novembre scorso, “Mammagialla.
Diario di una carcerazione”, edito da Rubbettino.
Alla discussione hanno partecipato oltre allo
scrittore, anche Franco Dionesalvi, che ha curato la postfazione del libro,
Gabriele Carchidi che ha moderato e l’artista Luca Scornaienchi.
La vicenda sulla quale si basa il libro e che ormai
tutti conoscono, risale al novembre 2002, quando durante la notte carabinieri
incappucciati dei ROS e agenti della Digos in assetto di sommossa, prelevarono
dalle loro abitazioni di Cosenza, Taranto e Napoli 20 persone per rinchiuderli
nelle carceri speciali di Trani, Latina e Viterbo.
“…sono tutti esponenti del movimento No Global…”
titolarono tutte le testate giornalistiche nazionali e internazionali;
“…cospirazione contro l’ordinamento economico dello Stato…associazione
sovversiva…” furono le accuse.
Da questo mandato di cattura, senza prove, o meglio
da questo processo alle intenzioni, ha preso spunto Claudio Dionesalvi, uno dei
sovversivi, per scrivere un libro-verità sui sette giorni più lunghi e più bui
della sua vita. Una settimana in prigione per aver sollecitato una migliore
redistribuzione delle ricchezze, per aver sostenuto che la manifattura dei
salami calabresi come “a supressata e ra sazizza” sono migliori degli
hamburgers e delle patatine americane, dopo aver esclamato che ognuno deve
essere sistemato nel posto più consono al suo modo di fare e di agire (positivo
o negativo che sia).
“Fra poco dovremo affrontare un processo – ha
affermato Dionesalvi – nel quale dovremo difenderci dall’accusa di aver commesso
reati sostanzialmente ideologici. Da questo deriveranno migliaia di dibattiti e
discussioni sulla libertà di opinione, sulla libertà di manifestare, sul
diritto-dovere di ogni cittadino di difendere della vita e dell’intera umanità.
Io sono pronto a tutto questo. Ciò che mi fa paura e che
mi fa rabbrividire – continua Dionesalvi – e che ho potuto tastare di persona,
è lo stato delle nostre carceri, la condizione di tante persone private della
libertà e dei propri diritti. Chi tiene in mano le chiavi del carcere continua
a ignorare le terribili condizioni in cui sono costretti detenuti e detenute.
Non basta il numero crescente di atti di
autolesionismo in carcere, alcuni dei quali sono condotti fino all'esito fatale
della morte. Non basta la denuncia degli organismi internazionali che hanno più
volte condannato l'Italia per l’ inosservanza delle norme sul rispetto della
persona incarcerata, denunce che si sono intensificate negli ultimi anni e che
hanno posto questo paese alla stregua dei più infimi regimi dittatoriali.
La "sordità" delle classi politiche
italiane si è dimostrata più dura e impenetrabile del cemento delle mura che
rinchiudono corpi e menti di donne, uomini e ragazzi.
La prigione – chiude Dionesalvi – dovrebbe essere un
luogo di rieducazione, di preparazione a riabbracciare la vita dopo il periodo
di detenzione, di reinserimento sociale……ma non è così”.
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