C’ERA UNA VOLTA LA BANCA DEGLI ARTIGIANI  DIPIGNANESI

Home

 Erano i principi di maggio del 2001 quando la piazza dipignanese ribolliva e rumoreggiava; il giorno erano baci e abbracci, la sera, pur essendo in una inoltrata stagione primaverile, regnava il coprifuoco. In giro solo giovani e qualche disinteressato, nulla più.

Il ritrovo, anzi, i ritrovi, i tavoli di concertazione dei personaggi in oggetto erano altrove. Si erano creati dei veri e propri bunker dove il ritornello era sempre lo stesso: Rinnovo delle cariche sociali della Banca di Credito Cooperativo di Dipignano.

La piazza che ribolliva due anni or sono, continua oggi più che mai a sbuffare come una vecchia locomotiva di inizio secolo imbottita di carbone che avverte col suo fischio stridulo e il suo rumore roboante che sta per passare dalla stazione con il suo carico di interrogativi al seguito: deraglia prima di arrivare; arriva a destinazione e non riparte; o infine riparte tranquillamente.

E in queste tre opzioni che sono racchiuse anche le tre liste che si diedero battaglia nelle elezioni del maggio del 2001.

La Lista Perri, vista come il treno che deraglia, cioè come una lista che è perdente ancor prima di iniziare; la Lista Caroselli, vista come un qualcosa che ha fatto (già troppo) e deve defilarsi; e la Lista Mungo, la generazione del futuro, una sorta di voltiamo pagina, cancelliamo il passato e cacciamo lo straniero.

In tutti i piccoli centri come a Dipignano la campagna elettorale è fatta di dicerie, di screzi, di bugie, di raggiramenti e di cattivo gioco. Anche se non mancano coloro che intendono le elezioni come una sana lotta politica che vede primeggiare chi lo merita.

Sbandierando questo motto, ma soprattutto quello di “cacciamo lo straniero”, la Lista Mungo straccia nel vero senso della parola le altre due liste nello scrutinio finale.

“Grande vittoria, la BCC di Dipignano è salva e rimarrà ai dipignanesi” si diceva all’indomani del voto e all’indomani della notte di festa trascorsa dai vincitori nei locali del paese. Si dice che la notte porti consiglio, ma quella notte portò solo qualche “calcinculo” dovuto forse alla troppa felicità e al buon vino. Prime crepe.

Comunque dopo i primi giorni di euforia, il nuovo Consiglio di Amministrazione iniziò a sviluppare il suo programma del quale di seguito sono riportati i punti salienti: “…chi si propone è ben consapevole della volontà di amministrare una cooperativa, vale a dire un’organizzazione democratica controllata dai soci che attivamente partecipano alla determinazione delle politiche e alla formazione delle decisioni……il programma si basa sui valori dell’aiuto reciproco, della democrazia, dell’uguaglianza, dell’equità e della solidarietà……in questo contesto ci collochiamo come BCC, facendo propri i principi validi per ogni forma di cooperazione e quindi anche per quella di credito ed esaltando le finalità etiche, tanto da poter essere definita impresa creditizia sociale la cui attività si svolge all’interno ed a favore del territorio di competenza impiegando il denaro dove viene raccolto ed evitando che le risorse vadano altrove, al fine di svolgere il ruolo di banca di sviluppo dell’economia locale……figurano tra i nostri punti basilari da portare a compimento il confronto ripetuto con i soci, organizzando riunioni di filiale con frequente cadenza, per ascoltare proposte e suggerimenti……insomma sarà compito della Lista Mungo stare con la gente e fra la gente per valorizzare il territorio con vantaggi comuni che prescindano da obiettivi personali e personalistici, in pregio a sani principi etici ben calati in una realtà bancaria la più trasparente possibile…”

Al programma stilato per le elezioni si è aggiunto circa un anno dopo un nuovo obiettivo (raggiunto): l’istituzione di un Ufficio Soci, ritenuto strumento indispensabile per dare concreta attenzione a quella parte dello statuto che si riferisce al miglioramento delle condizioni morali, culturali ed economiche dei soci e degli appartenenti alla comunità locale.

Ad oggi, aprile 2003, il programma non è che sia stato seguito alla lettera, anche se questo è quasi impossibile per chiunque; l’unico problema è che si è usciti fuori traccia, si sono persi per strada tutti i buoni propositi esposti alla candidatura.

Un esempio su tutti può essere il titolo di questo articolo. Infatti i dipignanesi non si riconoscono più nella Banca di Credito Cooperativo di Dipignano, molti rimpiangono i tempi passati, anche se sono pochi ormai quelli che ricordano i sacrifici di un tempo.

I sacrifici di don Francesco Cozza, giovanissimo sacerdote che giunse a Dipignano nel 1905. Quest’uomo si innamorò subito del paese e della gente e si lanciò in un’impresa che ben presto diede i suoi frutti, svegliando gli uomini di buona volontà, sollecitandoli e avviandoli per la via della rinascita della comunità e del territorio.

Fu così che il 18 giugno del 1906 nasceva la Cassa Rurale di Dipignano, fondata da don Ciccio Cozza e da diciotto soci provenienti dalla realtà artigiana e contadina di Dipignano.

Obiettivo principale della Cassa Rurale era quello di porsi come istituto di solidarietà, come possibilità di reinvestire i depositi, mediante prestiti a tasso agevolato, a favore di contadini, artigiani, operai, come impegno a far rimanere ed a far circolare in loco il denaro depositato.

La Cassa Rurale funse da linfa vitale per quella solidarietà che avrebbe rivoluzionato la vita degli umili, aiutandoli a comprare una casa, a costruirsi un’attività lavorativa propria ed a lavorare come contadini affrancati dalla miseria e capaci di divenire piccoli proprietari di terre.

Per circa un secolo la Cassa Rurale di Dipignano, oggi Banca di Credito Cooperativo, ha operato con intelligenza e sagacia per aiutare quel piccolo mondo di contadini, artigiani e coltivatori dipignanesi. Ma oggi a circa tre anni dal suo centenario la situazione sembra capovolta: Dipignano non è più il cuore pulsante della Banca, non è più la sede centrale, ne la sede amministrativa e contabile di un tempo. Gli organi direttivi hanno preferito emigrare in città, dimenticando i sacrifici e gli ostacoli, superati a fatica da don Ciccio Cozza, Vincenzo Gallo, Pasquale Bruno, Salvatore Greco, Giuseppe Caruso e Fortunato Turano, tanto per menzionarne qualcuno.

Ritornando ai giorni nostri sorge spontanea una domanda: ma non era intenzione di qualcun altro il decentramento della sede e la vendita della banca??? …Verba volant, scripta idem....

Intanto fra qualche giorno i soci saranno invitati ad approvare il bilancio e dinanzi ad un nuovo Direttore Generale dovranno anche votare quattro nuovi consiglieri del C.di A. e un nuovo Collegio Sindacale; così ha voluto la Banca d’Italia, ritenendolo opportuno per migliorare l’andamento della “barracca”.

Con quale spirito i soci dipignanesi andranno ad approvare il bilancio? Con lo spirito di chi vuol sapere, vuole interessarsi a non perdere un bene primario dell’economia dipignanese magari avanzando qualche critica domanda oppure con lo spirito pavido e timoroso che ha caratterizzato le assemblee degli ultimi anni, “Caio,Tizio,Sempronio, alzate la mano”, “Si!!!”.

Pubblicato su “il Quotidiano” del 22/04/2003